10anni

 

SE DESIDERI QUALCOSA, COMBATTI PER AVERLA

Simone Vellucci si è distinto più volte in campo per la sua capacità di concentrazione e per la sua tenacia. Quest’anno l’allenatore Damiano Massari gli ha conferito grande fiducia facendolo giocare da numero 10. La tifoseria lo acclama, ma lui ancora si sente un apprendista rugbista. Da quanto tempo giochi a rugby?

“Il rugby l’ho conosciuto per caso quattro anni fa, durante una sfida di tiro alla fune. Dopo dodici anni di calcio cercavo uno sport che abbinasse il contatto fisico con la corsa. Quel giorno un amico mi ha parlato del rugby e qualche giorno dopo mi ha messo in contatto con lo staff tecnico della Volsci. Ho partecipato ad un allenamento e non ho più smesso di giocare.”

Cosa ricordi di quel primo allenamento?

“La paura che mi ha assalito quando ho conosciuto gli altri giocatori. Erano tutti fisicamente più grandi di me, ma sono riuscito comunque a trovare un posto in squadra e molto difficilmente la lascerò.”

Perché ami il rugby?

“È un gioco intelligente. Per giocare a rugby non basta allenare il corpo, devi occuparti anche della mente. È uno sport che richiede l’utilizzo di tutto il corpo, non solo le gambe. C’è il contatto con l’avversario come nella lotta, c’è la corsa, c’è il coordinamento di tutta la squadra.”

Cosa, invece, non ti piace del rugby?

“Non cambierei niente del rugby, infatti non capisco perché sia ancora così poco seguito. Persino nella nostra Nazionale ci sono ancora pochi giocatori italiani. Negli altri sport non succede, eppure il rugby è uno sport così bello!”

A cosa pensi prima di entrare in campo?

“Penso solo a divertirmi perché se chi è in campo si diverte riesce a suscitare lo stesso sentimento anche negli spettatori.”

Perché pensi di essere un bravo rugbista?

“Perché sono un Invincibile. Proprio come i protagonisti dell’omonima trasmissione televisiva, io sono un combattente. Sono come il pugile Mohamed Ali o il protagonista del film Rocky. Tutto quello che ho l’ho ottenuto combattendo.”

Come sei fuori dal campo invece?

“Mio fratello mi definisce un bonaccione, un cucciolone. Sono onesto, un invincibile e un combattente, anche fuori dal campo non mi arrendo mai. Ho tanta voglia di imparare.”

Cosa sogni per il tuo futuro?

“Spero che riusciremo ad arrivare in serie B, spero di continuare ad allenarmi con i miei compagni in un campo tutto nostro e di non abbandonare mai il rugby diventando, magari, un allenatore.”





SOGNANDO L’AUSTRALIA…

Il sogno di Rocchina Chiara Petricca, una volta laureata, è quello di trasferirsi per un lungo periodo in Australia, sua patria natia. Ma non sarà facile per lei, visto che la Volsci Rugby Rosa farà il possibile per persuaderla da quel  proposito e per non perderla. Quando ti sei avvicinata alla Volsci?

“Conosco Valentino Vitale, pilastro della squadra, da una vita. Assieme a lui ho visto la Volsci nascere. Le nostre strade si sono poi divise e io ho smesso di seguire la squadra. La mia passione si è riaccesa circa tre anni fa, per poi diventare più assidua l’anno scorso quando ho iniziato ad allenarmi con la Volsci Rosa.”

Perché hai deciso di aderire a questo progetto?

“Innanzitutto perché credo nella serietà e nella caparbietà di questa società. Invogliata da Domenico Altobelli, ho iniziato a giocare a rugby quando eravamo solo quattro/cinque ragazze. Non conoscevamo bene le regole, ma poi siamo entrate nello spirito del gioco e la nostra passione è cresciuta assieme alla squadra.”

Cosa pensi del rugby?

“È impossibile conoscerlo da fuori. Tutti lo considerano violento, non adatto alle donne, dimenticando che la lotta è lo sport più antico del mondo. Io, invece, da laureanda in psicologia clinica, penso sia molto indicato per le persone timide ed introverse. Nella nostra squadra, ad esempio, sono proprio le atlete più timide a buttarsi più facilmente nella mischia. Essendo uno sport di squadra, inoltre, è adatto anche ai bambini perché insegna loro a stare con gli altri.”

Anche tu sei timida come le tue compagne?

“Al contrario, io sono una ribelle. Odio le imposizioni quindi se faccio qualcosa è solo perché sono io a volerlo. Diciamo che mi piace sempre stare un po’ al margine degli schemi, senza trasgredire ma senza nemmeno seguire la massa. Sono anche una che sorride sempre. Il sorriso non l’utilizzo, però, solo quando sono felice, ma anche come un’arma, perché un sorriso può suscitare gioia in chi ti guarda ma può anche svilire l’avversario che pensava di averti sconfitto.”

Quale progetto hai per il futuro, oltre naturalmente l’Australia?

“Non penso mai al domani, preferisco pensare all’oggi. Anche se ho tantissime ambizioni e progetti, preferisco concentrarmi solo su quello che posso fare oggi altrimenti rischio di perdermi qualcosa di importante.”



 

LIBERO COME UN…PAPPAGALLO

Un uccelliera piena di pappagalli, qualche cane che scorrazza felice in giardino, un gatto appollaiato su una vecchia sedia di paglia a godersi il sole di una calda giornata primaverile…chissà se è in un posto come questo quello in cui Francesco Gennaro pensa di vivere da grande. Sicuramente lui, con la sua immaginazione di bambino, potrebbe aggiungere molti altri dettagli, ma io è questo che ho pensato quando mi ha parlato dell’amore che lo lega agli animali. In passato si è dedicato agli sport individuali, diffidente nei confronti di chi inneggiava alla vita di squadra. Poi si è arreso di fronte alla palla ovale, spinto, probabilmente, dal bisogno di imitare Giovanni, il fratello maggiore che gioca nell’Under14. Una promessa alla mamma, però, l’ha fatta e questo non cambierà mai, lui da grande sarà un veterinario.
 
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