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un minirugbista verso la meta: fonte rovigooggi.it
Un minirugbista verso la meta

Gli inglesi dicono " Life is a game of rugby" ovvero La vita è una partita di Rugby. 




Il minirugby è lo sport di squadra per eccellenza.
Sotto l’aspetto caratteriale, facilita la capacità di socializzare ed insegna il rispetto degli altri, avversari, compagni, arbitri, educatori. La lealtà è parte essenziale del gioco.
Ai bambini più timidi e timorosi insegna ad avere più confidenza con se stessi e verso gli altri, ai più aggressivi insegna a contenere e a canalizzare nel gioco regolamentato la propria esuberanza. Il rugby contribuisce a dare consapevolezza di sé e sicurezza.

Perché lo sport è educativo?


L’educazione è un atto creativo e uno scambio che evolve con lo sviluppo dell’educato, l’arte di formare la persona che in potenza c’è in ognuno e scoperta e sviluppo di tutte le potenzialità e le qualità dell’educato. 
Questa definizione presuppone che sia la capacità di scoprire, sviluppare e valorizzare con metodi adatti ciò che è specifico di ognuno e preparare già nel bambino, quella che sarà la vita dell’adulto.
Il metodo chiede di rendere l’allievo partecipe come soggetto attivo del proprio processo di maturazione psicologica e intellettiva, altrimenti non si riesce a portarlo a operare e amministrarsi da solo e a scegliere i modelli di azione che consentono di realizzare tutte le potenzialità che possiede.

Lo sport che educa, quindi, non offre soluzioni e schemi prestabiliti, ma insegna a costruirli secondo le esigenze della realtà e gli obiettivi da raggiungere.
Lo sport ha maggior facilità a educare della famiglia e della scuola, perché piace e cattura l’interesse e l’attenzione senza bisogno di altri stimoli. Motiva all’impegno e a scovare le risorse, allena all’autonomia, al coraggio, alla responsabilità e alla libertà, e ha regole all’interno delle quali esercitare tutta la libertà e l’iniziativa. Abitua a tener conto degli altri, fare insieme e socializzare, perché richiede rispetto, stima, partecipazione e disponibilità a scambiare contributi. 
Permette di sperimentarsi, creare propri modelli di azione e categorie di pensiero e portare tutti i contributi della creatività e dell’iniziativa. Infine, insegna a imparare e, intanto, a superare ciò che insegna l’istruttore, e chiama il genitore a offrire una partecipazione costruttiva.
Nello sport, educare significa curare lo sviluppo delle qualità fisiche, tecniche, di personalità e di carattere e farle progredire fin dove è consentito, trasmettere i propri caratteri e lasciar esercitare le proprie stesse prerogative e responsabilità di adulto, allenare alla libertà e responsabilità, e riconoscere l’impegno e le intenzioni più che i risultati immediati e le corrette esecuzioni.
Significa, però, anche far pagare le conseguenze di errori e trasgressioni, non sollevare dai compiti e dalle rinunce che spettano e, in definitiva, ridurre, fino ad annullare, la distanza tra istruttore e allievo.
L’istruttore che educa agisce più sulla personalità che sul comportamento, cerca un adulto libero e non un esecutore, e non teme di essere superato. È figura sempre stabile, coerente e obiettiva che lascia spazio a libertà e iniziativa, ma chiede responsabilità. Sa evolvere, interpretare le nuove conoscenze e adattarsi a ogni allievo, e trasmette i propri caratteri di adulto senza imporre il ruolo e l’autorità. E, infine, è consapevole dei propri limiti e si sforza per correggerli.

Quale sportivo formare?

L’obiettivo dell’educazione è uno sportivo maturo, evoluto, libero da complessi e finzioni. Coerente e capace di cambiare, sicuro, concreto, obiettivo e razionale anche fuori dello sport. Mai succube e servile o reattivo e irresponsabile, consapevole e padrone di sé, dei propri mezzi e dei limiti e delle esigenze dello sport. Curioso, creativo, originale, adatto a una creazione collettiva e disponibile a imparare e, intanto, a creare e proporre. Coraggioso per mettersi alla prova e non temere l’errore. E capace di cercare la migliore funzionalità personale e collettiva e di raggiungere i traguardi che sono nelle sue possibilità.  
Dr. Vincenzo Prunelli -  Medico neuropsichiatra, psicologo dello Sport, psicanalista
Atti del Convegno “Psicologia e sport: un connubio indissolubile” (Arezzo, 19 marzo 2011) - Via: CNIFP
Tratto da minirugby.it
 
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