10anni

 




UN ESEMPIO PER CHI SI SENTE GIÀ ARRIVATO!

Enzo Tersigni gioca con la BPC Volsci Rugby Sora solo da pochi mesi, da quando, il 19 luglio, ha iniziato, per curiosità, ad allenarsi con la squadra femminile. Cosa pensavi quando sei arrivato in squadra?
“Avevo un po’ timore, perché pensavo di essere in un’età troppo avanzata per giocare a rugby. Superati i 30 anni si pensa sempre di non poter iniziare un nuovo sport. Non conoscendo bene il rugby, poi, avevo paura che fossi messo un po’ da parte, soprattutto dai ragazzi molto più giovani di me. Sono stato invece accolto da tutti. Allo stesso modo anch’io ho messo da parte ogni tipo di considerazione sulla differenza di età.”
Come hai superato queste tue paure iniziali?
“Frequentando i miei compagni di squadra, ho capito che posso dare ancora molto alla Volsci. Io rispetto ad alcuni ragazzi ho 15 anni di più. Loro hanno più esperienza di me per quanto riguarda il gioco, mentre io ne ho di più riguardo la vita. Per cui c’è questo continuo compensarsi tra noi. Inoltre, mi sento un esempio per i 31-32enni che si sentono già vecchi. Io sento di avere molto da dare alla Volsci e molti anni ancora per giocare a rugby. Purtroppo la Federazione Italiana di rugby non permette agli over 42 di giocare a livello agonistico. Ma sono sicuro che, quando avrò raggiunto quell’età questo limite sarà alzato, anche perché esiste solo in Italia, negli altri Paesi si gioca fino a quando si sta bene fisicamente. ”
E durante il terzo tempo? Anche lì le differenze di età si appianano?
“Ci troviamo bene. Non si notano differenze di età o gruppetti. C’è mescolamento di età diverse, per cui un 20enne può stare insieme a me e dialogare del più e del meno, non necessariamente di rugby, anzi parliamo spesso di cose futili, ridiamo e ci facciamo scherzi. Io sono stato accolto benissimo, sono stato considerato subito uno di loro, in campo e fuori. Durante il terzo tempo si usano delle gestualità e delle cose proprie solo del rugby, come fare dei cori. Quando esco con gli amici naturalmente non lo faccio, ma quando sono con i miei compagni è tutto diverso. È come far parte di una tribù, si è uniti anche in quello. Per me è stata una sorpresa, se già conoscevo poco lo sport conoscevo ancor meno il terzo tempo e mi piace!”
Prima di entrare a far parte della Volsci già conoscevi il rugby?
“Non l’avevo mai praticato, avevo visto solo qualche sprazzo di partita a livello internazionale. Il gioco vero, però, l’ho appreso solo grazie alla Volsci, ascoltando i consigli di Mister Massari.”
Cosa pensi del rugby?
“È uno sport che ti fa sentire parte di una squadra. Io avevo praticato un po’ di karate. Anche lì la competitività è molto forte. A differenza del rugby, però, il karate è molto individuale, ci sei solo tu e l’avversario. Nel rugby, invece, c’è la squadra. Devi sacrificarti per il compagno, sentirti veramente parte di questo gruppo per cercare di portare avanti la vittoria.”
Pensi di essere un bravo rugbista?
“Non posso essere io a dirlo. Questa è una domanda che va fatta a chi è più competente di me, non posso autogiudicarmi. So, però, che mi viene naturale seguire le regole. Il rispetto della gerarchia che vige nel rugby a me non pesa. Inoltre, quando sono in campo cerco di ricordarmi bene il mio ruolo e di tenere la posizione, di tenere duro, anche se avverto la fatica difficilmente mollo. E non salto neanche un allenamento, nemmeno sotto influenza, perché so che nasce tutto dall’allenamento. Senza allenamento non c’è nulla.”




LARGO AI PIÙ GIOVANI

Difficile conquistare la fiducia di Antonio Rosa. Si nasconde dietro il suo candore di bravo ragazzo, semplice ed introverso, tacendo a tutti quanto invece sia esuberante e pieno di sorprese. Qualche anno passato lontano da casa, a Perugia dove ha studiato Comunicazione Istituzionale d’Impresa, hanno sicuramente inciso sul suo carattere, ma non sono riusciti a scalfire i valori che la famiglia gli ha trasmesso e che lo accompagnano anche nell’esperienza con la Volsci. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
“Ho cominciato tre anni fa, appena tornato da Perugia. Il primo mese di lavoro, non sapevo su quale sport andare a dirottare la mia attenzione. Poi tramite un amico, dopo tante insistenze, ho fatto il primo allenamento con i ragazzi. Mi ricordo che era una giornata piovosissima. La pioggia era fitta fitta fitta. La cosa bella è che arrivai come un perfetto estraneo mentre erano in cerchio. In due mi presero sottobraccio e mi inserirono tra di loro come se io fossi un amico di vecchia data. Questa cosa mi è rimasta tanto impressa e da là non ho saltato più un allenamento.”
Conoscevi già questo sport?
“Io ho sempre fatto nuoto e corsa. Ancora adesso, appena ho del tempo libero, vado a correre. Del rugby sapevo zero, lo conoscevo solo a livello di Nazionale. Avevo visto solo qualche partita. Mi hanno totalmente battezzato i miei compagni.”
Qual è il giorno più bello che ricordi con la Volsci?
“Il giorno più bello con la Volsci è stato quello della mia prima partita. Quel giorno giocavamo contro il Tortoreto e ho fatto anche meta. Mi ricordo che ero tesissimo. Matteo Sardellitti mi guardò in faccia, mentre eravamo dentro lo spogliatoio, e lo capì subito. Si spinse con le dita sulle labbra facendomi segno di sorridere. Questa cosa mi diete una serenità pazzesca. Entrai in campo con la giusta mentalità e arrivò anche la meta.”
Cosa rende, secondo te, uno sport individuale diverso da uno di squadra?
“Lo sport individuale è per le persone abituate ad essere un po’ prime donne. Invece la cosa bella che ho scoperto con un gioco collettivo è lo spirito di sacrificio che ti dà una sensazione di totale coinvolgimento e sicurezza. La sensazione che ho quando gioco con i ragazzi è di protezione, riesco ad essere tranquillo.”
Hai progetti per il futuro, sogni nel cassetto?
“Mi trovo bene con la squadra, quindi vorrei restare ancora un po’, sperando che l’età mi aiuti. È giusto che giochino i giovani, che tutti questi ragazzini crescano e vadano a soppiantare un po’ per volta tutti noi. La squadra ha bisogno di forze fresche, ma spero, forse egoisticamente, di continuare a giocare ancora a lungo. Ho conosciuto il rugby troppo tardi, purtroppo, quindi spero che il momento di lasciare la Volsci tardi ad arrivare.”
Cosa pensi del terzo tempo?
“Il terzo tempo è una cosa fantastica. È la cosa più bella forse in assoluto. Guardi in faccia l’avversario e, vittorioso o sconfitto, mangi tranquillamente il tuo pasto e conosci belle persone, persone nuove.”
Esci con i tuoi compagni di squadra anche quando non giocate?
“Ho la mia cerchia di amici da sempre. Ci conosciamo da quando eravamo bambini e non ci siamo mai persi di vista. Esco quasi sempre con loro, ma non esclusivamente. Anche con gli amici del rugby faccio delle belle serate. Si ride e si scherza.”
Il rugby è la tua unica passione?
“Mi piace leggere. Mi piace mettermi comodo e leggere, soprattutto la sera. Il Piccolo Principe è il mio libro preferito. L’ho letto da piccolissimo e mi è sempre piaciuto tanto.”



CHE PAURA IL CONTATTO FISICO CON L’AVVERSARIO!

Nicoletta Zaino lavora costantemente, e con successo, per realizzare il suo sogno di diventare avvocatessa, ma non riesce a mettere la stessa costanza nello sport. Perché ti resta così difficile impegnarti nello sport?
“Non c’è un motivo, io sono sempre stata così. Non sono mai stata una sportiva. Da anni mi segno in palestra, ma ogni volta entro nella hall e me ne vado via. Per il rugby è stato diverso, mi ha proprio preso e spero di riuscire a portare a termine l’impegno che ho preso con le ragazze della Volsci Rosa. Per me il freddo è un forte deterrente, però ho voglia di giocare. Anche il contatto con l’avversario un po’ mi preoccupa perché io non sono brava come le altre, ho paura del contatto, ancora devo migliorare. Io entro facilmente e corro. Individuo lo spazio perché ho paura di affrontare l’avversario, penso oddio non mi prendete altrimenti è finita!”
Come è avvenuto il tuo incontro con la Volsci?
“Già conoscevo la squadra maschile, ogni tanto andavo a vedere qualche partita. Invece ho saputo della femminile casualmente. Ho letto su facebook del progetto e mi sono detta sì, voglio partecipare!”
Come è stato il tuo primo allenamento?
“L’allenatore Domenico Altobelli è stato spaventoso, del tipo o si fa quello che dico io o ve ne andate. Logicamente siamo rimaste tutte quante e poi si sono aggiunte anche le altre.”
Qual è, secondo te, il motivo per il quale nella Volsci Rosa non ci sono ancora abbastanza elementi per partecipare a un Campionato?
“Siamo poche perché forse a Sora non è uno sport che ha preso molto piede. Poi tante persone pensano che il rugby sia troppo forte come sport e quindi per una ragazza. Se fatto in una determinata maniera, invece, non è violento. Ma non tutti sono entrati in quest’ottica. Comunque vada, già che ci facciamo conoscere è importante. Alcune ragazze già si sono avvicinate anche se sono più giovani di noi. È quello il problema perché hanno 16 anni e quindi non possono partecipare ad un Campionato. Però facendoci conoscere vedrai che arriveranno altre persone.”
Cosa pensi del rugby?
“Il rugby è uno sport valido a livello fisico, noi facciamo anche preparazione fisica. Poi è uno sport corretto, perché c’è il rispetto delle regole.”
Pensi che una ragazza perda la sua femminilità giocando a rugby?
“Certo che no! Io continuo comunque a prendermi cura del mio corpo. Indosso i tacchi, mi trucco, curo il mio abbigliamento come qualsiasi donna. Non mi considero di certo un maschiaccio. Nessuna di noi lo è. Siamo rugbiste ma non per questo meno donne delle altre. L’unica differenza tra un gruppo di giovani rugbiste ed uno di donne comuni è che tra noi non c’è competitività femminile. Andiamo tutte d’accordo, c’è grande affiatamento. Non che abbia mai avuto problemi del genere, io non litigo mai con nessuno, mi trovo sempre d’accordo con tutti. Ma tra noi della squadra è nato un legame particolare.”
Qual è il tuo motto nella vita?
“Vivi e lascia vivere!”
Cos’altro ti piace fare nel tuo tempo libero?
“Amo andare al cinema e ho un debole per il cibo. Mangio tantissimo!”



 
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